Così ha, finalmente, chiarito l’Agenzia delle Entrate – Direzione centrale Normativa – con la risoluzione n. 24/E del 18 aprile 2016, rispondendo ad un interpello del Ministero dell’Interno, che viceversa aveva prospettato l’applicazione del famigerato balzello di € 16,00 tutte le volte che l’avvocato richieda un certificato di residenza per poter notificare un atto giudiziario.

L’Ufficio preliminarmente osserva che, in tema di giustizia, l’imposta di bollo sugli atti giudiziari trova applicazione solo in via residuale, stante la disciplina del contributo unificato prevista dal D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, recante il “Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia”.

L’art. 18 del predetto Testo Unico, rubricato “Non applicabilità dell’imposta di bollo nel processo penale e nei processi in cui è dovuto il contributo unificato“, così dispone al primo comma: “Agli atti e provvedimenti del processo penale, con la sola esclusione dei certificati penali, non si applica l’imposta di bollo. L’imposta di bollo non si applica altresì agli atti e provvedimenti del processo civile, compresa la procedura concorsuale e di volontaria giurisdizione, del processo amministrativo e nel processo tributario, soggetti al contributo unificato. L’imposta di bollo non si applica, inoltre, alle copie autentiche, comprese quelle esecutive, degli atti e dei provvedimenti, purché richieste dalle parti processuali. Atti e provvedimenti del processo sono tutti gli atti processuali, inclusi quelli antecedenti, necessari o funzionali“.

Precisa il secondo comma: “La disciplina sull’imposta di bollo è invariata per le istanze e domande sotto qualsiasi forma presentate da terzi, nonché per gli atti non giurisdizionali compiuti dagli uffici, compreso il rilascio di certificati, sempre che non siano atti antecedenti, necessari o funzionali ai processi di cui al comma 1.“.

Sulla scorta della normativa sopra richiamata e della circolare n. 70 del 14 agosto 2002, l’Agenzia precisa il significato da attribuire ai termini “antecedenti, necessari e funzionali”, nel senso che, ai fini dell’esenzione dal pagamento dell’imposta di bollo, deve ricorrere non solo il presupposto oggettivo legato alla tipologia degli atti, ma è necessario anche che il soggetto beneficiario dell’esenzione rivesta la qualità di parte processuale.

Sulla base di tali principi, osserva l’Agenzia, si deve ritenere che anche i certificati anagrafici – ovvero certificati di residenza e di stato di famiglia, rilasciati in base alle risultanze dei registri anagrafici – possano beneficiare del regime di esenzione dall’imposta di bollo, ai sensi dell’articolo 18, comma 1, del DPR. n. 115 del 2002, qualora ‘antecedenti’, ‘necessari’ e ‘funzionali’ ai procedimenti giurisdizionali.

Quindi, a mente della commentata risoluzione 24/E del 2016, anche i certificati anagrafici richiesti dagli studi legali ad uso notifica di atti giudiziari sono esenti dall’imposta di bollo, trattandosi di atti funzionali al procedimento giurisdizionale.

In tale evenienza, specifica la risoluzione, sul certificato rilasciato senza il pagamento dell’imposta di bollo andrà indicata la norma di esenzione, ovvero l’uso cui tale atto è destinato.


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